Ecco il robot giornalista che scrive articoli
Che le macchine siano sempre più in grado di fare lavori – anche concettuali – fino a ieri appannaggio degli umani è un dato di fatto, come ha confermato una recente ricerca della Banca Mondiale . Ma i robot in grado di scrivere articoli di giornale sembravano una frontiera lontana. E invece, oggi, il software Wordsmith (che in inglese significa “paroliere”) permette proprio di generare contenuti, scritti in un buon inglese, partendo dall’inserimento di dati. Esiste anche una versione demo gratis, che dovrebbe essere disponibile in tempi brevi.
Chiunque insomma può scaricare da internet il suo robot giornalista e farlo lavorare. Siti di e-commerce, agenzie immobiliari, ma anche Yahoo! o agenzie di stampa internazionali come la Associated Press, che da metà 2014 ha iniziato a farne un utilizzo massiccio (tremila articoli sulle trimestrali delle aziende Usa o sugli eventi sportivi minori). Più in generale, fino a oggi Wordsmith ha scritto qualcosa come un miliardo di articoli per centinaia di clienti piccoli e grandi, tra cui anche Samsung, il colosso delle assicurazione Allstate e la media company Comcast.
Come funziona
La nuova piattaforma Wordsmith, ora in versione beta, permette di caricare manualmente tutti i dati necessari e di impostare uno stile di scrittura, generando poi automaticamente un testo scritto in un buon inglese. Vengono così prodotti verbali, report finanziari, descrizioni di prodotto e molti altri contenuti utili, per esempio, soprattutto al mondo dell’e-commerce o degli annunci immobiliari. Il testo viene poi perfezionato, in un secondo passaggio, dall’intervento umano, per renderlo davvero unico.
«Wordsmith è un nuovo modo di scrivere e sviluppare contenuti utilizzando i dati», spiega Robbie Allen, fondatore e Ceo di Automated Insight, l’azienda che ha creato il robot giornalista. «Il processo è in parte di scrittura e in parte di elaborazione logica, con i dati a fare da collante».
Come viene utilizzato all’Associated Press
Il robot giornalista è approdato nella redazione dell’Associated Press, la più grande agenzia di stampa statunitense, circondato dallo scetticismo generale. Ma a torto. Philana Patterson, giornalista finanziaria che ha curato l’implementazione del software, ha spiegato che alcuni articoli scritti da Wordsmith sono stati messi in rete addirittura senza intervento umano perché già di buon livello. Grazie al robot giornalista la Ap, che in precedenza dava conto delle trimestrali di 300 aziende, ora è in grado di coprirne 3mila. Basta inserire i dati economici della trimestrale e il software, in un inglese asciutto ed essenziale, elabora il suo piccolo “take” d’agenzia. Delle ultime 3mila agenzie scritte da Wordsmith solo 120 hanno avuto bisogno di un intervento umano. Di più: in molti casi (tra i quali quelli della trimestrale di Apple), il robot ha lasciato tempo libero al reporter Brandon Bailey di curare un approfondimento che – quello sì – il povero “robot paroliere” non sarebbe stato in grado di scrivere.
L’homo sapiens batte il software?
E qui arriviamo al punto: Wordsmith ruberà il posto ai giornalisti? Decisamente no, almeno per ora. L’Associated Press ha dichiarato che non un posto di lavoro è stato messo in discussione per l’utilizzo del software, anche perché come tutti i programmi è spaventosamente veloce ma altrettanto spaventosamente stupido, e ha bisogno di un umano che inserisca i dati e controlli il risultato. Però Ap ha anche aggiunto che, dopo una serie di miglioramenti, Wordsmith nei suoi asciutti ed elementari take di agenzia produce meno refusi delle sue controparti umane.
Il “robot paroliere” però non può certo competere con l’homo sapiens. Non è in grado di pensare fuori dagli schemi. Rappresenta uno strumento di lavoro per automatizzare il processo di scrittura legato alla diffusione pura e semplice di dati. Insomma toglie lavoro agli umani, permettendo loro di dedicare più tempo a quello che (in teoria) sanno fare meglio: pensiero critico, capacità di risolvere problemi complessi, creatività, abilità nel comunicare in modo empatico, tutti punti di forza dell’uomo nell’era digitale delle macchine , come ha ricordato la Banca Mondiale. E finché l’homo sapiens avrà queste qualità, nessun robot sarà in grado di batterlo.