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Facebook ha infranto l’intimità nella vita di ognuno

Dopo essersi innamorati, dopo essersi sposati è un concetto molto semplice. I nostri avi lo hanno fatto e così anche i nostri nonni ed in molti casi anche i nostri genitori.

Loro non avevano internet. Non avevano Facebook. Le loro vite ed il loro modo di stare insieme erano molto diversi. I social media non esistevano. Si frequentavano. Se si volevano parlare, si guardavano negli occhi. I nostri genitori si telefonavano. Oggi le cose purtroppo sono cambiate.

Guardiamo agli ultimi 10 anni.
Ah quanto erano diverse le cose per le generazioni precedenti. Il sesso, che è una parte importante, oltre che piacevole, di ogni relazione d’amore, mette in comunicazione, in connessione l’anima ed il corpo di due persone, che “fanno l’amore”.
Oggi siamo connessi, ma con la tecnologia. E siamo più lontani che mai.

Internet ci lega in ogni momento, ma nel farlo, sebbene accorci le distanze fisiche, potremo dire che aumenta quelle dell’anima, che prima si incontrava fondendosi negli occhi dell’altro.
Oggi si può essere a lavoro, in palestra, con i bambini al parco, ma anche sullo stesso divano, o nello stesso letto e finire per non parlarsi.

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– “Cara, andiamo al ristorante ?!” non è più una frase pronunciata a voce fra due persone che si amano, ma è scritta su WhatsApp.
– Comprare dei fiori, tornando a casa, per il proprio amore. Diventa un’azione che si compie grazie ad un app installata sul cellulare.
– Fare shopping insieme, parlando e conoscendosi, scoprendo l’un l’altro i propri gusti, è diventato navigare sul web e fare e-commerce.
Rimane pochissimo del contatto fisico in queste come in tante altre azioni quotidiane, che si compiono con il proprio smartphone.

Il sentimento umano nelle relazioni viene sostituito da un nuovo stato d’animo del quale non sappiamo nulla neanche noi. Finiamo per essere “adirati”, o “tristi”, “offesi”, o “felici”, finiamo col dircelo con un’e-moticon, ma certamente questo stile di vita interconnesso ed al contempo iper-distante, finisce esso stesso per far litigare, perchè spersonalizza i nostri rapporti, di cui, per la nostra stessa natura di esseri umani, non possiamo fare a meno.

I nostri nonni hanno festeggiato le nozze d’oro e qualche fortunata coppia, anche quelle di platino. Ma non erano su Facebook a cliccare mi piace, a commentare, a criticare, a guardare le foto, o i post di altri. Non mandavano i selfie agli amici con Snapchat, durante le loro vacanze. Non interrompevano i loro abbracci prima di addormentarsi, nel loro letto, per controllare la posta elettronica, o dare l’ultima occhiata alla bacheca di Facebook, per scoprire quel perfetto sconosciuto, come si sente, o come si è vestito.
Loro erano impegnati ad amarsi. Loro erano impegnati a guardarsi negli occhi, a parlarsi, a vivere l’uno insieme con l’altro. Camminavano tenendosi per mano.

Non erano distratti da cosa succedeva intorno a loro, in un mondo virtuale, che non esiste nella realtà che ci circonda, in cui ci si immerge, posando pericolosamente gli occhi su uno schermo di un cellulare, anche mentre si guida nel traffico, o mentre si sfreccia in autostrada. Anche viaggiando in treno, non c’è più quel contatto umano, che si instaurava fra perfetti sconosciuti, incominciando a parlare, talvolta del più o del meno, giusto per trascorrere insieme il tempo del viaggio, o per fare conoscenza a partire da un’amena conversazione.

Oggi si osserva, con lo sguardo perso, mentre si resta tristemente isolati in se stessi, lo schermo di un cellulare, cercando quella percezione psicologica di contatto con gli altri, che diviene un’asettica espansione del sé in un piano virtuale, che estranea chiunque dal “qui ed ora”, dal presente, portando la propria mente lontano dal luogo in cui si trova, finanche non riuscendo più a godere della presenza di chi lo circonda.

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Il pulsante log-out diventa il più difficile da premere. Tal volta anche stando seduti uno di fronte all’altro al tavolo di un ristorante, con il proprio compagno, o compagna, ci si ritrova, invece che nei propri sguardi, entrambi a sfogliare la bacheca del proprio social network, senza proferire una parola, ma cercando nei meandri della rete, che cosa ha mangiato quel tal conoscente per cena, piuttosto che commentare insieme quanto sia saporita la pizza che si è appena mangiata.

I nostri avi avevano dei sogni. I nostri nonni, i nostri genitori, li hanno inseguiti insieme. Altrimenti non saremo qui.
E noi siamo qui. Non esistiamo invece nel piano parallelo dell’infinito digitale, se non come rappresentazioni di se stessi, reincarnati in “avatar”, che non vivono di vita propria, fintanto che qualche altro essere reale non li visualizzi, dandogli vita e forma nei propri personali pensieri, resuscitandoli nuovamente ad una rappresentazione, irreale e comunque immaginaria.
Non siamo frutto di un “like”, ma siamo figli di un amore che si è cercato e che si è trovato.

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E’ ora di smettere di cercare attenzione da chiunque attraverso i social, perché non si è felici dell’attenzione di quelle persone che ci sono vicine. Questo vale anche per l’amore, che non tiene conto dell’opinione altrui; che esige la propria privacy. Che non vuole che migliaia di persone sconosciute entrino nel proprio letto prima di addormentarsi, o prima di fare l’amore.

I social hanno distrutto l’intimità di molte coppie.
Certo non c’è nulla di male a condividere dei momenti privati. Ma qual è il limite ? Quando tutto questo diventa troppo ?
Ai contatti social si mostra tutto, le foto in costume, le emozioni, gli abiti, la casa, il cibo che si mangia, i propri affetti, la propria vita. Forse è ora di fargli la valigia. Forse è ora di spegnere gli schermi, di staccare la connessione a internet, a meno che non vi sia un’effettiva necessità. Forse è ora di relegare il mondo virtuale nel non-luogo in cui esiste. Forse è ora di riappropriarsi della propria vita e del proprio tempo. Di dedicare ogni attimo della propria vita all’attimo stesso. Di vivere fino in fondo ogni momento, per ogni cosa, senza cercare di voler vivere contemporaneamente due, o più vite.

I social non sono la panacea per i propri sogni irrealizzati. Non sono la chimera per l’immortalità. Non sono il mezzo per raggiungere l’apice di una “connessione” d’amore.
Distolgono dalla vita reale, rendono la vita di chi li utilizza schiava dello strumento stesso. Trasmutano le esistenze dei profili virtuali in dei frutti maturi da cui spremere dati, numeri ed informazioni, che i marketing manager dei social network riescono a trasformare in guadagni pubblicitari per le proprie aziende.

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Certo ci vuol misura. Certo chi sta continuamente con lo smartphone fra le mani a consultare un social network, anche nel bel mezzo di una cena o di una riunione, anche trovandosi con altri in ascensore ad esempio, alza a tutti gli effetti uno scudo fra sè e la realtà che lo circonda, pone una barriera fra il proprio animo, che inizia a vagare fra i bit del non-mondo, e la sua vita reale.
Nel suo isolamento rinuncia anche alla sua privacy. Nell’istante stesso in cui accede a Facebook, il suo animo entra in quella che diviene la sua realtà. Si è pronti a divulgare tutto ciò che invece si sta vivendo nella vita reale. I due piani temporali si confondono in una evanescenza, in cui solo gli altri cibernauti vedono chiaramente, ciò che invece diviene oscuro, per chi fisicamente si trova a fianco di quel corpo, che si è connesso e che espande se stesso verso altre essenze evanescenti.

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Invece di godersi l’attimo ci si perde nel ciberspazio, ci si concentra a cercare il filtro adatto per condividere una foto su Instagram, ci si dedica a cercare la giusta faccina, o il cuoricino che pulsa, da inviare in WhatsApp ai propri familiari, o ai propri amici, per dissimulare una mancata telefonata, o una mancata chiacchiera che avrebbe potuto riempire la propria esistenza.

Sembra un passato ormai remoto, quando lo spot della Telecom recitava “una telefonata allunga la vita!”. Se andiamo in un posto, o facciamo qualcosa, oggi non è più necessario attendere di chiamarsi, di cercarsi, di trovarsi, di incontrarsi, di guardarsi, di sentirsi, di abbracciarsi, di toccarsi, oggi basta condividere e rendere tutto subito pubblico.

Oggi basta cliccare, per credere di trovarsi.
Io ho paura che tutto ciò allontani.

Ma credo nei sogni, nella vita e nell’amore. E credo che non si possa più fermare l’evoluzione tecnologica che è in atto e che trasformerà le vite delle future generazioni. Credo che però si debba essere attori consapevoli ed informati di questa realtà. Credo che si possano mitigare e cambiare quei comportamenti errati, che ci allontanano dai rapporti umani. I valori della famiglia, della sacralità del matrimonio, dell’amicizia, della comunicazione e del dialogo in presenza possono essere ancora vissuti e con l’esempio insegnati, senza avere per forza uno smartphone fra le mani.
Spero che i vuoti creati nella vita reale dall’uso spasmodico dei social, vengano sempre più riempiti da quei comportamenti umani propri del passato, affinché restino radicati nel presente, per aiutare tutti a raggiungere il futuro continuando a condividere la propria vita con amore e senza perdere il piacere di guardarsi negli occhi.

<<possa la tua vita essere un giorno meravigliosa, così come la presenterai su facebook>>

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